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Curiosità

Non solo il datore di lavoro, anche il lavoratore che percepisce lo stipendio in nero rischia tantissimo

Lo sapevi che anche il lavoratore in nero rischia – e non poco – pene e sanzioni e non solo il datore di lavoro? Quello che c’è da sapere.

Lavoro sommerso (o lavoro nero), sappiamo tutti cos’è: niente altro che il il rapporto subordinato che non viene dichiarato allo Stato. Per la legge infatti ogni rapporto di lavoro deve essere regolato da un contratto da comunicare per via telematica al Ministero del Lavoro.

Lavoro nero, ecco quando rischia anche il lavoratore – testandtell.it

Con la comunicazione Ispettorato del lavoro, Inps e Inail vengono a conoscenza che è iniziato un rapporto subordinato che si traduce nell’obbligo per il datore di lavoro di versare contributi e relative assicurazioni. Inutile dire che lavorare in nero è illegale e il datore di lavoro rischia di incorrere in sanzioni amministrative. Ma anche il lavoratore dipendente, in alcuni casi, rischia qualcosa. Cerchiamo di capirlo meglio.

Lavoro nero, ecco cosa rischia il lavoratore

Partiamo dal presupposto che di per sé lavorare in nero alle dipendenze di un datore di lavoro non rappresenta un illecito. Quand’è allora che scattano le sanzioni? In un caso ben preciso.

C’è poco da scherzare col lavoro nero: i “furbetti” rischiano grosso – testandtell.it

Il dipendente rischia nel momento in cui cerca di avvantaggiarsi della sua (presunta) condizione di disoccupato, che nasconde invece uno stipendio percepito in nero, per beneficiare delle misure sociali e economiche riservate a inoccupati e disoccupati. In altre parole rischia grosso chi si finge disoccupato pur eseguendo prestazioni in nero che non risultano allo Stato.

Chi dichiara il falso, nella fattispecie di essere disoccupato, si rende colpevole del reato di falso ideologico e rischia la pena della reclusione fino a 2 anni. Peggio ancora se oltre ad aver dichiarato il falso il lavoratore in nero percepisce la Naspi. In questo caso scatta il reato (più grave) di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato. Si rischia la reclusione da 6 mesi a 3 anni (così come nel caso di dichiarazioni non veritiere e/o di documenti falsi per avere il reddito di cittadinanza, ora sostituito dall’assegno di inclusione).

Il “furbetto” che non informava le autorità delle variazioni di reddito o di altre circostanze che avrebbero portato a revocare o a ridurre il reddito di cittadinanza rischiava una pena da 1 a 3 anni di reclusione. E non finisce qui. Naturalmente il lavoratore in nero che dichiara falsamente di essere disoccupato è tenuto a rimborsare allo Stato i sussidi percepiti indebitamente. 

Emiliano Fumaneri

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